StudioPAN
Via Volta, 43
22100 Como, CO
Ho sempre amato le traversate notturne, fossero d’estate o d’inverno, a vela o motore.
E’ una passione che affonda le radici nella notte, si può proprio dire così, dei tempi, nella piccola pensione che mia nonna gestiva a Zoagli. Al buio, io e mio papà guardavamo fuori dalla finestra il mare illuminato dalla luna e costellato dalle luci delle navi alla fonda o in navigazione, ascoltanso la radio. Fantasticavo su quelle voci straniere e su quelle navi, sui viaggi e le imprese che avevano affrontato. Sì, ho sempre avuto una fervida immaginazione. Non so che radio stessimo ascoltando in realtà, ma intorno a questo fatto, ho costruito un ricordo di gesta eroiche, avventure e paesi lontani e piantato il seme di un sogno.
Ed è forse per questo che oggi, le notturne, e l’intera giornata che le precede, hanno un significato tanto speciale. L’eccitazione della partenza accresce durante i preparativi, dalla semplice cambusa alla programmazione vera e propria. C’è attenzione e cura dei dettagli: tracciare la rotta, il routage, valutare gli ostacoli, le difficoltà, controllare il meteo, le zone di possibile incrocio con navi, e l’atterraggio sulla costa, sono passaggi che fanno pregustare la navigazione, sei già in mare.
E poi, finalmente, si parte. Lasci il porto quando la maggior parte delle barche rientra. La cena in mare, magari al tramonto, con la prospettiva di una lunga navigazione, ha il suo fascino, ma è l’arrivo del buio che aspetto con gioia.
Mentre la barca procede nel blu, il tono di voce delle conversazioni si abbassa, le luci della costa si fanno sempre più lontane e tremolanti, diventando poi solo un alone. L’unico riferimento che resta, è il cielo stellato sopra di noi. Ricerchi le costellazioni che conosci e ne segui il percorso nella volta celeste, così diverso nel corso delle stagioni, e d’estate scruti il cielo alla ricerca di stelle cadenti a cui affidare i propri desideri.
Il buio ti circonda e, limitata la vista, gli altri sensi si esaltano, finalmente hanno il loro spazio, il loro momento di gloria, e richiamano attenzione.
Il vento, qui in Adriatico, ha un profumo diverso dal Tirreno, racconta di mare, di fiumi e di Laguna. A volte il vento porta anche aria di pioggia, temporale, e allora è un’altra storia.
E poi, di notte, quando tutti sono andati a dormire, la barca canta. Canta lo scafo con le onde, un suono ritmico, a volte sincopato, una vibrazione non soltanto sonora, la senti salire nei piedi che ti radicano nella barca. E’ un suono articolato, c’è la voce dell’acqua che scorre lungo lo scafo che la solca, o quella delle onde a prua, a poppa o al traverso, che vogliono dire la loro. E la barca tutta canta con il vento, con le vele, le scotte, le drizze e le sartie. Il vento le fa vibrare al punto giusto. E’ un coro in cui nessuno stona, è poesia in movimento una danza sulle onde.
La prima traversata notturna di quest’anno ha portato una sorpresa, sono riuscita a dormire. E la cosa mi ha fatto sorridere. Sì, non c’ero mai riuscita.
Perché l’avventura inizia in quel momento e non potevo di certo perdermi qualcosa, non vivere appieno quel momento, una sorta di sete di vita, di desiderio di essere presente in ogni momento e gustarlo fino in fondo che mi porto dietro da quella lontana notte ligure.
E invece, ora, mi sono concessa altro. Mi sono ritirata e ho lasciato che la barca mi cullasse e cantasse per me, in un altro modo, e mi sono affidata a chi era al timone, abbandonandomi, finalmente, al sonno… naturalmente, non vedendo l’ora del mio prossimo turno, o del primo caffè dell’alba.