StudioPAN
Via Volta, 43
22100 Como, CO
Navigare in Croazia è soprattutto navigare tra le isole. Isole e vento.
Il vento c’è praticamente sempre e, grazie alle termiche, fa quello che vuole, nonostante le previsioni. Gira e si infila nel dedalo di isole, facendoti navigare intorno ad un isola sempre con le stesse mura oppure, come un bambino che vuole l’attenzione tutta su di sè, si alza e cala all’improvviso ad ogni insenatura, facendoti cambiare mura quasi per dispetto. Gioca, con le correnti, ad imprigionarti davanti ad un canale tra due isole, quando sei improvvisamente senza motore per cambiare la girante.
Ad ogni isola qualcosa nel vento cambia, accelera nei canali tra una e l’altra, si ferma e ti aspetta dietro un promontorio, ti crea quell’ondina fastidiosa che ti dia noia tutta notte, giusto perché tu non ti dimentichi di lui, domani giochiamo ancora, vero? E tu sei lì per quello, e lui gioca facile. Certo che ci sei, non vedi l’ora.
Così, l’indomani, ti trovi a rincorrere il vento, a farti sospingere e strattonare, oppure a sfruttarlo quando, all’improvviso si stanca e soffia leggero, con quella vela spettacolare e ‘mai più senza’ che è il Gennaker. Ah, che vela! Bella, panciuta ed elegante, ti fa cavalcare anche con la bavetta più flebile, ed è una goduria con il vento un pò più sostenuto che, puntualmente, arriva tanto per darti noia.
Te la godi così tanto che finisci per diventare una sorta di Pac-Man che, invece di puntini gialli, si mangia le Isole e non è inseguito da fantasmi colorati, ma dalla brama di vento e di vedere di più, l’isola dopo, quella laggiù, sembra bella e soprattutto, c’è la rada che ti permette di sfuggire a lui, il vento e le sue ondine notturne.
Così ti concedi le soste necessarie, in quel labirinto romantico di isole, in rade e porticcioli incantati che ingolosiscono ancora di più e di cui, però, ti accorgi di non avere il tempo di coglierne la vera essenza.
La bulimia di cui sei preda, più ne vedi più ne vorresti vedere, ti priva del concedersi il tempo per capire.
Le isole. Quanto fascino contraddittorio. Colonizzate da sempre, rifuggite se non per fini turistici. Si scappa dalle isole, perché scomode, e alle isole si torna, per il loro ritmo, scandito dal vento e dal sole, e quello che era un disservizio diventa un valore.
E quando ti fermi ed esci dall’effetto Pac-Man, rallenti, scendi a terra e vai in esplorazione l’isola ti ammalia e ti trattiene, come è successo a Šolta.
Ci fermiamo per quel ritmo dato dal vento di cui ho parlato nel post precedente. Poi, mentre io faccio lezione online, A. con la scusa di portare il cane a terra, viene sedotto dal profumo di terra, della macchia mediterranea, che lo porta a seguire il sentiero verso il paese e lì scoprire una nuova dimensione, che condividiamo il giorno dopo, vuole che la veda anche io, sa già che mi piacerà. E così è.
Il paese di Grohote mi richiama subito alla mente i paesi della costa ovest dell’Irlanda. Probabilmente non hanno architettonicamente niente in comune, ma l’atmosfera è quella. Le case vecchie sono di pietra, ad un piano, massimo due, piccole, minimali, i muri levigati dal vento e dalla salsedine, coperti di licheni come fossero rocce qualsiasi. I giardini sono cintati da bassi muretti e tendenzialmente incolti, tranne rare eccezioni diventati splendidi orti o uliveti.
Camminando tra le strette vie scopriamo che qui hanno vissuto importanti pittori naïf e, da internet, seduti al bar più squallido dell’intera Croazia, tra avventori stropicciati, che la baia in cui abbiamo ormeggiato, quella Nečujam, era stata la prediletta dall’imperatore romano Diocleziano che lì fece costruire la sua peschiera privata, che ispirò anche uno dei padri della letteratura croata, Marko Marulić, che nel tardo XV secolo vi trascorse molto tempo e vi creò i suoi capolavori ispirato dalla pace e dall’armonia di questi luoghi.
E quindi, quello che serve, ancora una volta è riuscire a rallentare, e a guardare oltre. Fare attenzione ai dettagli, lasciare che ognuno di essi ci parli. Cosa ci piace e perché non è sempre così facile da capire. I luoghi risuonano in noi perché richiamano qualcosa di antico, a volte un ricordo legato alla nostra infanzia, un profumo, un suono, una superficie levigata. Tutto, guardato da vicino risulta interessante e se si riesce ad uscire dal proprio percorso mentale classico, ci permette di vedere più in la, scoprire nuove storie e motivi per restare.
Finché quel luogo non avrà più cose nuove da raccontare, o finché il richiamo del vento non sarà così forte da costringerci a partire.