StudioPAN
Via Volta, 43
22100 Como, CO
Due mesi per mare, quasi 1000 miglia nautiche, luoghi favolosi, ospiti diversi, relazioni e dinamiche.
E, durante questi mesi, non ho scritto sul blog. Complici il caldo che, come sempre, mi rallenta il neurone (ma mi sono consolata scoprendo che è cosa comune e scientificamente provata), l’aver sempre qualcosa da fare, fosse anche un tuffo in acqua o una piacevole conversazione e, forse di più, l’essermi scoperta spaesata e non sapere bene cosa dire.
Di fatto, a parte qualche appunto da Logbook, non ho scritto, non riuscivo ad andare molto oltre il racconto ‘sole, mare e vacanza’.
La prima scoperta è stata che il viaggio in Norvegia, rigorosamente a due, condividendo la banchina tutt’al più con pescatori e al freddo, mi risuonava di più di quest’estate con equipaggi diversi in vacanza, al caldo, condividendo rade e banchine con molte altre barche, tra cui yacht di gran lusso. E alla famosa domanda, leit-motiv della Norvegia, ‘cos’è per te il mare’, la risposta è stata diversa e non scontata.
Così scrivo ora, a mente fredda, cercando un filo rosso che congiunga i luoghi e le sensazioni provate navigando in Adriatico, ad oggi il mare in cui ho navigato di più. Da Venezia a Corfù, zigzagando tra la costa e le isole della Croazia, dirottando sulla Puglia per riattraversare solo per prendere un volo e tornare a casa.
E cosa resta, cosa ho imparato, ma soprattutto, e adesso? Perché queste esperienze per mare, in modo quasi opposto, mi hanno aiutato a definire quello che e quello che non voglio, quello che posso e quello che non posso sopportare.
Così mi siedo a fare ordine tra i ricordi che incalzano e si sovrappongono. Qualcuno torna con insistenza e ha voglia di essere raccontato. Ed è interessante vedere come sia diverso lo scrivere a mente calda, come fatto nel viaggio in Norvegia, o a mente fredda, in maniera più riflessiva.
In questo caso non seguo una linea temporale, una riflessione che mi viene da quello che accade, dal contingente, dal qui ed ora, ma accorpo, ricerco trame, fili e li lego tra di loro. Così congiungo punti cospicui geograficamente lontani tra loro, ma che hanno attivato una reazione e una riflessione. Dalla capacità di fidarsi come una conquista di relazione con l’altro e con se stessi, al desiderio di sfida ed evasione che si esprime in modo diverso per ciascuno di noi, all’intuizione di dove ha origine il retaggio, e così via.
Ed ecco che questo giro in Adriatico, mi sorprende ancora diventando un’ispirazione per cercare la prossima rotta, proiettarmi nel futuro e non sentire troppo la nostalgia del viaggio, quello che in tedesco si chiama il Fernweh.