L’ultima traversata, quando svanirà la nebbia

Come tutte le cose nella vita, non ci sono solo navigazioni fatte di vento giusto, onda canterina e cielo stellato. A volte, a cantare sono solo i cilindri del motore, i profumi sono quelli di combustione del gasolio e il cielo ti abbraccia con una bella pioggia battente o un sole inclemente.

Sono più di 120 miglia da Gallipoli a Corfù, così alle 18 circa partiamo. A motore, appunto. La randa fuori per cercare di bilanciare un pò e sfruttare quel nodo in più. Lo Scirocco, che ha soffiato tutto il giorno, ci ha lasciato l’aria così carica di umidità, che la coperta è bagnata come se piovesse una pioggerellina primaverile.

Il mare contro e le onde incrociate ci rallentano, la sensazione è di essere fermi, perennemente nello stesso punto. Il sole tramonta e veniamo inghiottiti dalla notte, le luci della costa da una parte e il buio completo dall’altra.

Il faro di S. Maria di Leuca

Boe di segnalazione, e il faro di Santa Maria di Leuca sono obiettivi che cerco avidamente. Ma come tute le cose, più desideriamo che si concretizzino, più si fanno lontane.

Il faro di S. Maria di Leuca segna il momento di correggere la rotta e di avere, finalmente, la nostra bavetta di vento al traverso. La notte è scandita dall’incrocio con le navi, che seguo sempre con attenzione e con il piacere di mettere in pratica quelle nozioni che durante la patente nautica sembravano così inutili. Controlli la rotta e stimi il punto di incrocio. Comunque, adoro le notturne, navigare di notte, in sicurezza e da soli, è impagabile, anche in questa guazza, anche se navighiamo più a motore che a vela. Ci diamo il cambio ogni ora e sì, riesco ancora ad affidarmi e dormire.

Nelle notturne, le nozioni della patente nautica diventano realtà

Un’altra nave. Un’altra ancora. Poi comincia ad albeggiare. E l’aria si fa strana. Siamo svegli entrambi a questo punto, davanti a noi un muro di nebbia che sembra impenetrabile.

E in un attimo ci troviamo in mezzo, avviluppati in una cortina di goccioline grigie, la visibilità ridotta a pochi metri. Dopo un attimo di divertito sconcerto, ma sì, per fortuna non si naviga a vista, siamo in mezzo al mare, che vuoi che… e lì comincia a insinuarsi l’inquietudine. Le navi. Non è che di giorno le navi non navigano. Sì, abbiamo il riflettore radar, ma… (Oh, AIS! Oh, AIS!) Se all’improvviso, una mattina d’estate, dalla nebbia dovesse uscire una nave …saremmo fritti. Quando incroci una nave ti rendi conto della velocità incredibile con cui si muove, la nebbia è così fitta che sarebbe impossibile evitarla. Accendiamo la radio, mettiamo i salvagenti e prendiamo EPIRB. La paura è concreta, tangibile, possibile.

La nebbia marina

Il mare è calmo, l’onda lunga. Tutto ovattato e grigio. Solo il motore canticchia regolare.

Poi arrivano i delfini, Stenelle striate, per la precisione. Ci vengono incontro e ci accompagnano per un pò. Spettri, ecco cosa mi sembrano, magari di buon auspicio, ma sempre spettri grigi nel grigio.

Se questi pensieri attraversano la mia mente, posso comprendere il sentire di tanti marinai del passato e l’origine di tanti miti e leggende.

Stenelle nella nebbia

Come succede a volte nella vita, non solo mi sento così, ma siamo, sospesi nel nulla. Non sai cosa c’è intorno, oltre. Hai le mappe e sai che c’è il sole da qualche parte, ma la paura di venire sopraffatti, di non essere visti, di perdersi, anche metaforicamente, vince.

La nebbia si fa dolore, in una delle sue tante forme. Si nasconde, si maschera da ansia, diventa timore di non avere più la forza di ricominciare, di esserti giocato tutte le carte, che ogni scelta è definitiva. Diventa rabbia, verso se stessi, i propri errori, le proprie debolezze, e quelle degli altri. Diventa scoramento, sei bloccato nella tua nebbia, non riesci a vedere oltre, senza vento, resti lì privo di energia. Abbandono la lotta.

Come Avalon, la costa greca emerge dalla nebbia

Per fortuna c’è il motore che canticchia. E con lui, da qualche parte, c’è anche il tuo. E quel piccolo pò di ‘gasolio’ che riesce a portarti al punto in cui, magicamente, la nebbia si dirada. L’aria è ancora intrisa di umidità e, anche se è mattina presto, già si boccheggia. Non è perfetto, ma è già qualcosa. Il sollievo, il senso di straniazione all’arrivo verso Corfù, uscita come Avalon dalla nebbia, ancora nel ‘latte’ di un’atmosfera irreale e una sensazione di indefinito. Togliamo i salvagenti. Mettiamo via i dispositivi di sicurezza e ci facciamo una signora colazione. Ogni fine è un nuovo inizio.

Ma siete proprio certi, mia buona signora, di volervi liberare di questa nebbia? Non è forse meglio che le cose rimangano nascoste alle nostre menti?

Sarà così per qualcuno, padre, ma non per noi. Axl e io desideriamo riavere i bei momenti vissuti insieme. Ne siamo stati derubati, come se un ladro nottetempo fosse entrato in casa a portarci via quel che avevamo di più prezioso.

Ma la nebbia copre tutti i ricordi, i brutti come i belli. Non è così, mia signora?

Che tornino anche quelli brutti, seppure ci faranno piangere o tremare di rabbia. Non è comunque la vita che abbiamo vissuto insieme?

Kazuo Ishiguro – Il gigante sepolto